Quale cooperazione internazionale per il Nuovo Municipio?
Raffaele Paloscia (LaPEI, Università di Firenze)

In un contesto in cui il Nuovo Municipio si fa centro propulsore di innovative reti di interscambio paritario e solidale occorre tenere conto di due passaggi fondamentali nelle politiche per la cooperazione con i Paesi del Sud del Mondo (PSM) che, in anni recenti, hanno avuto come conseguenza specifica un allargamento delle possibilità di impegno diretto da parte delle comunità locali.
Il primo corrisponde alla tendenza, all'interno degli organismi internazionali e nazionali responsabili delle politiche di sostegno ai PSM, verso una nuova e differente distribuzione dei finanziamenti tra i diversi ambiti d'intervento.
Partendo da una concezione dei paesi poveri visti essenzialmente come luogo di produzione primaria e bacino di risorse naturali, gli aiuti finanziari hanno trascurato la dimensione urbana per concentrarsi, sino a non molti anni fa, in interventi strettamente settoriali relativi perlopiù ad ambiti di carattere rurale, forestale, idrogeologico, infrastrutturale, con un forte coinvolgimento, da parte occidentale, di aziende private e di tecnici specializzati in questi campi.
Da alcuni anni si assiste invece ad una crescita veloce della quota di finanziamenti destinata ad interventi sulla città, nelle sue diverse connotazioni, con la presa di coscienza, tardiva ma comunque opportuna, dei macroscopici fenomeni di irrefrenabile urbanizzazione e favelizzazione che caratterizzano tanti PSM. Si sono così moltiplicate le iniziative volte a rispondere a bisogni, primari ma non solo, della popolazione urbana, con risultati tuttavia inesorabilmente modesti rispetto alla dimensione dei processi degenerativi in atto.
Il secondo passaggio è lo spostamento, a livello nazionale ma non solo, dalla cooperazione centralizzata, gestita in base ad una struttura piramidale, che ha concentrato nel Ministero degli Affari Esteri ogni decisione sulla tipologia dei progetti e sul loro finanziamento, ad una cooperazione decentrata, svincolata dai condizionamenti derivanti dai fondi di origine governativa, ed ormai ampiamente legittimata da un chiaro riconoscimento legislativo anche all'interno delle singole realtà regionali.
La cooperazione decentrata consiste, come è noto, nella possibilità per enti locali dei vari livelli (regione, provincia, comune) di utilizzare propri fondi, entro limiti di budget prestabiliti per legge, per promuovere, in accordo con enti omologhi nei paesi del Sud interessati, contatti diretti e progetti di interscambio tra attori sociali presenti all’interno degli ambiti di pertinenza.
Lo snellimento delle procedure trasferite a scala locale ha portato, a prescindere dal livello degli impegni finanziari, ad una crescita evidente delle iniziative di cooperazione e del flusso di risorse, soprattutto umane e, con esse, dello scambio di esperienze e di conoscenze, non prive di rischi:
Un primo rischio è quello del riprodursi di interventi fortemente settoriali anche in ambito urbano, in un’ottica che vede la metropoli come unica alternativa per la sopravvivenza di larghe fasce di popolazione tuttora sparse in aree non urbanizzate. Interventi che concentrandosi esclusivamente in essa, in modo volutamente incurante di un contesto più vasto, consapevolmente o meno, contribuiscono a rompere quei fili di collegamento e interscambio che tuttora esistono tra urbano e rurale, tra metropoli di arrivo e remote aree di provenienza e che lasciano aperto uno spiraglio alla reversibilità del fenomeno della megalopoli in crescita continua senza sviluppo.
Un secondo ordine di rischi attiene la frammentarietà e conseguente estemporaneità di molte piccole iniziative.
Per evitare entrambi questi rischi e rendere praticabili ed incisivi i progetti di cooperazione con i PSM occorre far si che ogni progetto di sviluppo locale, che un Nuovo Municipio (ma anche provincia, regione), singolarmente o in rete con altri, fa proprio, possa contenere al suo interno un impegno per la cooperazione decentrata coniugata nel senso di “cooperazione tra territori”. Un processo, cioè, di interscambio a tutto campo che miri a: ricercare una saldatura dei due ambiti rurale e urbano, derivante da una concezione unitaria del territorio nelle sue diverse espressioni, con lo scopo di riannodare i fili interrotti dalla globalizzazione pervasiva; attivare un forte coinvolgimento diretto della popolazione e di un ventaglio di attori appartenenti a ambiti d’azione e settori il più possibile diversificati nelle due aree di riferimento del Nord e del Sud (organizzazioni non governative, associazioni ambientaliste, culturali, di volontariato, di commercio equo e solidale, laboratori di ricerca e di formazione, tutto il variegato mondo del terzo settore, ma anche cooperative di professionisti, associazioni di operatori del turismo ecologico, consorzi di piccole imprese, ecc.); operare contemporaneamente per fornire risultati anche di minima, ma immediatamente praticabili, basati sui "saperi locali", e su un approccio integrato, multidisciplinare, volto all'approfondimento di tematiche rilevanti per la ricerca di modalità innovative in un processo di trasformazione autosostenibile di medio-lungo periodo.

A questo insieme di elementi qualificanti si rifanno i progetti di cooperazione che vedono il LaPEI, direttamente coinvolto come coordinatore, promotore e membro dei consorzi di gestione. Ci si riferisce in particolare alle due iniziative di maggior rilievo avviate negli ultimi anni e tuttora in corso: il progetto La Habana Ecopolis a Cuba e i progetti coordinati León Ecopolis, La Toscana per León e Sì Leòn in Nicaragua. Il progetto La Habana Ecopolis è stato promosso in Italia da un consorzio costituito oltre che dal LAPEI, da tre ONG (CRIC di Reggio Calabria, COSPE di Firenze e Terra Nuova di Roma) e dall’Ufficio Internazionale di Legambiente. La composizione del consorzio, con la presenza di una grande associazione ambientalista e di un laboratorio di ricerca universitaria, ha rappresentato di per sé una novità in campo nazionale per le attività di cooperazione allo sviluppo.
Il progetto utilizza ap
pieno lo strumento della cooperazione decentrata, che ha consentito il coinvolgimento di decine di partner cubani e italiani allo scopo di sostenere, da un punto di vista economico, tecnico, scientifico, gestionale, iniziative promosse da istituzioni locali e gruppi di base che operano nella direzione di una trasformazione autosostenibile de La Habana.
Elemento qualificante è l’adozione dell’approccio territorialista fondato, come è noto, su: salvaguardia e produzione di qualità ambientale, consolidamento dell’identità culturale multietnica, valorizzazione delle risorse locali, definizione di forme di autogoverno della comunità locale.
Il progetto, allo stato attuale, si compone di un insieme di variegate iniziative maturate attraverso un processo partecipativo bottom/up e portate a temine in realtà diverse della Provincia Ciudad de La Habana - sono coinvolti 5 dei 15 municipi dell’Habana, con presenza di aree urbane, semiurbane e rurali - ognuna delle quali, mirando a rispondere a specifici bisogni espressi in loco in differenti ambiti d’intervento, costituisce un importante tassello di quella visione unitaria di riqualificazione urbana territoriale e ambientale che si intende perseguire.
I progetti coordinati León Ecopolis, La Toscana per León e Sì Leon in Nicaragua sono stati promossi ed attuati a partire dal 2001 dal consorzio La Toscana per León, composto, oltre che dal LaPEI, dalle ong toscane COSPE, Medina e UCODEP e co-finanziati dalla Regione Toscana e da numerosi enti locali che hanno coordinato un ampio ventaglio di espressioni della società locale.
Punto qualificante delle attività susseguitesi è l’affermazione dell’innovativo approccio alla cooperazione decentrata, definito come cooperazione fra territori. Superate tradizionali modalità di intervento settoriale, sono tutti gli attori sociali, presenti in uno specifico contesto regionale, quello toscano in questo caso, e motivati ad agire attraverso un interscambio paritario e solidale, che si attivano per intervenire in una determinata area con progetti integrati, qualificati da un punto di vista sociale culturale ed ambientale e mirati alla promozione di uno sviluppo autosostenibile.
Il progetto Sì Leòn, tuttora in fase di realizzazione, si compone di 5 azioni che definiscono in modo articolato attività di cooperazione, interscambio e sostegno nei seguenti ambiti: 1. diversificazione e qualificazione delle produzioni agricole e artigianali e dell’offerta di ecoturismo; 2. organizzazione e gestione associata dei servizi pubblici; 3. consolidamento della partecipazione attiva nelle pratiche di pianificazione urbana e territoriale, 4. difesa del territorio, con attenzione particolare alla prevenzione e gestione dei disastri naturali; 5. valorizzazione delle risorse culturali locali e definizione di un apposito piano strategico dipartimentale, con realizzazione dell’Atlante del patrimonio territoriale del Dipartimento di León.

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