Una deriva che viene da lontano
Breve storia della "tolleranza zero"
di Moreno Biagioni (Ottobre 2007)

Sindromi da invasione e ossessioni securitarie
Per comprendere meglio quello che ci sta accadendo intorno, a proposito di campagne securitarie, di sindromi da invasione e di crescita di consensi intorno all’aberrante parola d’ordine “tolleranza zero”, occorre risalire un po’ indietro negli anni, quando l’immigrazione nel nostro Paese iniziò a farsi consistente e cominciarono, nel contempo, ad emergere umori razzisti diffusi, anche se espressi in forme diverse (si ebbero il razzismo dei colti e quello, più rozzo, viscerale, popolare, assunto dai leghisti padani come principale tratto identitario - quasi alla pari con la lotta senza quartiere contro “Roma ladrona” -).
Insieme a tali umori, però, furono messi in circolo anche numerosi anticorpi, prodotti a livello di associazionismo, di realtà religiose e laiche, di sindacati, di movimenti, di società civile attiva, in sintesi, ed anche di alcune forze politiche organizzate (scarsamente presente, come produttore di anticorpi, il mondo della cultura ufficiale).

Le grandi manifestazioni antirazziste
Tanto per fare degli esempi, all’assassinio dell’immigrato Jerry Masslo, nel 1989, seguì la grande manifestazione di Roma, a cui parlò anche il Segretario Generale della CGIL Bruno Trentin; al raid di carnevale contro i migranti, a Firenze nel 1990, fu data una risposta di massa - con un corteo che si concluse in piazza Santa Croce e vide fra gli oratori il Cardinale Piovanelli -.
Eppure anche in quelle occasioni vi era stato chi aveva affermato che gli immigrati erano troppi, che i venditori ambulanti irregolari, in nome della legalità, non erano più sopportabili, che le presenze eccessive degli stranieri provocavano il degrado delle città (e quindi l’ostilità degli italiani).
Ma, per usare un termine sportivo, si può dire che l’antirazzismo era ancora in partita e cercava di rispondere, colpo su colpo, agli atti di intolleranza e di xenofobia, dimostrando una certa capacità di aggregazione, al di là della cerchia delle persone impegnate in attività solidali e di tutela dei diritti.
Il contributo degli amministratori locali - Le affermazioni qui citate, e che corrispondevano ad un diffuso senso comune, avevano trovato risposte precise e decise non solo a livello di movimento, ma anche, specialmente in certe zone, in una parte non minoritaria degli amministratori locali (ricordo la Carta d’intenti degli amministratori locali e dell’associazionismo toscani - del 1993 - ed il conseguente impegno nelle campagne per il diritto di voto, per il trasferimento di competenze in materia di permessi di soggiorno dalle questure ai comuni - quando questo era osteggiato da molti, anche a sinistra, perché si temevano i sindaci leghisti -, per la diffusione delle buone pratiche.
Nel corso del tempo, successivamente a quell’intenso biennio 1989/1990 - che aveva visto, fra l’altro, l’approvazione della legge Martelli -, si era passati da una emergenza ad un’altra e l’allarme relativo alla sicurezza aveva trovato, di volta in volta, negli albanesi, nei Rom, nei profughi provenienti dai Balcani, negli slavi, nei nigeriani, nei cinesi i principali soggetti portatori di criminalità e di gravi turbative all’ordine pubblico (recentemente i Rom rumeni sono divenuti i primi della lista, i “pericoli pubblici n. 1”).

Le campagne “contro” in vista delle leggi sull’immigrazione
Le campagne “contro”, condotte dai maggiori organi d’informazione, hanno avuto il loro apice particolarmente in prossimità della discussione in Parlamento di leggi relative all’immigrazione [tanto che, nel 1998, in corso d’opera, si è riusciti a far centrare sull’ordine pubblico (con la nefasta adozione, fra l’altro, dei CPT - Centri di Permanenza Temporanea - per le persone straniere non comunitarie prive di documenti regolari) anche una legge - la Turco/Napolitano -, che pure aveva al suo interno dei contenuti positivi, fra cui uno, assai importante, poi stralciato durante il dibattito, riguardava il diritto di voto per le cittadine ed i cittadini migranti].
Alla base di tale normativa vi era, come ripetuto in più occasioni dall’allora Ministro Giorgio Napolitano, il motto “rigore e solidarietà”. Da notare che, mentre un rigore specialissimo, che si traduceva anche in una giurisdizione ad hoc - in contrasto con i principi costituzionali -, veniva applicato prontamente ai migranti, rendendo loro la vita sempre più difficile, le misure improntate alla solidarietà, che poi erano quelle che riconoscevano agli immigrati i più elementari diritti di cittadinanza, tardavano ad essere concretizzate (o lo erano soltanto in parte o stentavano comunque a ricevere adeguati finanziamenti).

Le istituzioni: Dottor Jekyll e Mister Hyde
Le istituzioni, quindi, si sono sempre presentate ai migranti, nel corso degli ultimi 18 anni, contemporaneamente con i volti di Mister Hyde e del Dottor Jekyll e le contaminazioni sviluppatesi sui territori fra società civile attiva e istituzioni locali hanno cercato di far emergere con forza l’aspetto umano del Dottore, cercando di porre dei limiti a quello mostruoso di Hyde (agli atteggiamenti punitivi, repressivi, discriminanti).
Ma - chi ha letto Stevenson lo ha ben presente -, quando si mettono in moto processi negativi, come quello appunto che trasforma il Dottor Jekyll in Mister Hyde, è il lato negativo e mostruoso a prevalere. Anche se all’inizio l’operazione è basata su buone intenzioni (quella, magari, di riuscire a far passare senza contrasti fra i nativi dei provvedimenti favorevoli ai migranti - ma in genere sono considerazioni di carattere elettoralistico a scatenare le ordinanze di sgombero e gli altri atti repressivi -), alla fine il clima di ostilità e di intolleranza che si è così alimentato impedisce di realizzare quegli stessi interventi positivi a cui si mirava, con un imbarbarimento generale della società che va ben oltre i calcoli di chi ha avviato il percorso.
Per incapacità di lettura dei fenomeni sociali, e/o per ragioni di opportunismo politico, si sono sempre sottovalutati i veleni che la Lega Nord ha continuato a spargere a piene mani - contro i Rom, gli islamici, gli immigrati in genere -, se non per condannare gli eccessi di Borghezio e di Calderoli, senza sviluppare, però, una decisa azione, politico-culturale, di contrasto (finchè i leghisti, con i loro sindaci/simbolo Gentilini & Co., non hanno trovato validi imitatori anche fra gli amministratori di centro sinistra - ne cito uno per tutti: Sergio Cofferati, che nella sua smania di essere, oltre che sindaco, sceriffo/ranger, sembra voler imitare il suo idolo Tex Willer - salvo che Tex, benchè assai criticabile per i metodi usati, si scaglia sempre, magari a suon di cazzotti, contro i delinquenti veri, specialmente quelli in giacca, panciotto e farfallino - cioè banchieri, commercianti di armi e whisky, speculatori, agenti governativi corrotti - e non contro i poveracci - quelli che equivalevano ai Rom, ai lavavetri, ai graffittari di oggi nel West di fine Ottocento -).

Un salto di qualità (verso il basso e all’indietro)
Tutto questo, comunque, è indicativo del salto di qualità che si registra attualmente.
La guerra ai poveri (ai lavavetri e simili) scatenata dai sindaci delle maggiori città, l’adozione di parole d’ordine come quelle di Sarkozy (“la sicurezza non è di destra né di sinistra”) e di Giuliani, ex Sindaco di New York (“tolleranza zero”), la conclamata volontà di porre le questioni dell’ordine e del decoro delle città fra le priorità del nascente Partito Democratico (vedi i comportamenti di Domenici e del già citato Cofferati, alla testa del gruppo dei sindaci sceriffi, gli atti e i discorsi del leader designato del PD Walter Veltroni, le dichiarazioni alla Giuliani del Ministro Amato) dimostrano che la trasformazione in Mister Hyde, in questa folle corsa verso il centro in concorrenza con la destra, si sta compiendo in modo accellerato.
Si riscopre come valore l’intolleranza (in questo, in effetti, si traduce la famigerata “tolleranza zero”), tornando indietro rispetto a Voltaire ed all’illuminismo, e si rifiuta il senso della pena e del carcere scritto nella Costituzione (che li finalizza al recupero sociale del condannato), ignorando Beccaria, oltre che, naturalmente, il dettato costituzionale, con attacchi indecorosi, di destra e di centro-sinistra, alla civilissima legge Gozzini.

L’urgenza di potenti anticorpi
Si sono affievoliti - è doloroso ammetterlo - anche gli anticorpi, o, meglio, esistono ancora, nella società, persone, gruppi, associazioni, realtà diverse che operano per contrastare la deriva in atto, ma non riescono più a ricomporsi in una risposta forte e unitaria, come più volte in passato avevano saputo fare, ottenendo, in qualche occasione, dei buoni risultati. Va rilevato che la scarsa presenza di un tempo degli intellettuali su questo fronte si è trasformata, escluse rarissime eccezioni, in un silenzio assordante, quando non, addirittura, in una servile partecipazione agli indirizzi prevalenti.
I politici, o, meglio, una consistente maggioranza di politici, ormai incapace di pensare ad un governo reale dei territori, delle città, del Paese, avendo lasciato pieno campo libero al mercato, all’impresa, ai poteri forti dell’economia e della finanza, cerca di recuperare un rapporto con i cittadini, sempre più distanti, sfiduciati, insicuri del proprio futuro, impauriti, alimentando le paure diffuse e prendendosela poi con i soggetti più deboli - i capri espiatori -, secondo un meccanismo visto numerose volte nel corso della storia (con un centro sinistra che usa, ma non sempre ormai, metodi repressivi più soft - più compassionevoli - rispetto alla destra).
Che fare allora? Credo che, mentre ciascuno continua a lavorare nel suo ambito (per denunciare, informare, destrutturare i linguaggi razzisti, lottare contro gli atti di intolleranza e di discriminazione, sostenere le vittime di tali atti, sviluppando un’attività di resistenza estremamente necessaria), costituisca oggi una priorità assoluta l’avvio di un percorso verso la ricomposizione unitaria delle molte energie disponibili, in modo non autoreferenziale, cercando cioè di uscire, ciascuno, dalla propria cerchia ristretta e di coinvolgere la realtà locale in cui è inserito, compreso il livello istituzionale (in modo da poter iniettare nuovamente nella società dei potenti anticorpi contro il razzismo e la xenofobia - anticorpi che sappiano incidere profondamente sulla cultura, sulla formazione del senso comune, sulla politica e contribuiscano a far prendere coscienza dei pericoli che sta correndo la democrazia nel nostro Paese -). Sperando che non sia già troppo tardi.


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