Un programma elettorale e di governo per la Toscana

Sul modello dell'appello ai candidati del 2004, nel 2005 la Rete del Nuovo Municipio ha avviato in Toscana un ampio processo di definizione sociale del programma elettorale e di governo che, oltre ai candidati, ha coinvolto amministratori, movimenti, studiosi, associazioni e reti di cittadini. L'esperimento, limitato ad una regione per motivi essenzialmente logistici, rappresenta un ulteriore passo in avanti rispetto all'anno precedente, in quanto - per la prima volta in Italia - ha permesso di attivare procedure di consultazione e di decisione decisamente innovative e in qualche caso inedite: lo pubblichiamo qui di seguito non solo per i contenuti toccati, ma per il nuovo metodo di democrazia partecipativa a cui allude e apre la strada.
Per avere informazioni sulla sua storia e formulare osservazioni, proposte e suggerimenti sui suoi temi, potete scrivere a
segreteria@nuovomunicipio.org.

Associazione Rete del Nuovo Municipio
Nodo Toscano
Un programma partecipato per la Toscana
Documento rivolto ai candidati alle elezioni regionali 2005

1. LA COSTRUZIONE SOCIALE DEL PROGRAMMA
Questo documento, promosso e coordinato dalla Rete del Nuovo Municipio, è il risultato di un lavoro di raccordo tra i soci della Rete (Comuni, Associazioni, Laboratori di ricerca) e l’arcipelago dei movimenti e dei forum della Toscana.
Secondo questo ampio ventaglio di soggetti, il programma deve essere socialmente costruito, andando oltre la consultazione delle organizzazioni istituzionali pubbliche e private, in considerazione della forte crisi della rappresentanza, che ha prodotto anche una crisi della democrazia. Vogliamo che la Toscana continui ad essere il luogo della ricerca di un rapporto tra movimenti e istituzioni, tra politica e altre aggregazioni sociali. Il metodo prima di tutto deve distinguere la nuova democrazia, puntando ad una programmazione e ad un governo che sappia integrare una democrazia delegata, ormai insufficiente, con pratiche di democrazia diretta o partecipativa che facciano sentire realmente protagonisti delle decisioni i/le cittadini/e, le città e i territori della Toscana. La Rete del Nuovo Municipio ha promosso una esemplificazione pratica del percorso di costruzione sociale del programma attraverso una occasione di incontro per individuare un insieme di punti programmatici da presentare ai candidati per le elezioni regionali. A questo scopo è finalizzato il presente documento, che è stato fatto circolare nelle ultime settimane e sui cui sono pervenute osservazioni e approfondimenti da parte di movimenti, associazioni e singoli soggetti. Il documento non è esaustivo e tocca solo una parte degli argomenti programmatici che riteniamo più rilevanti; con l’assemblea del 14 febbraio 2005 a Firenze esso è stato ulteriormente discusso ed arricchito, diventando così un contributo condiviso da un ampio numero di soggetti sociali e istituzionali, espressione della complessità dei territori locali, delle realtà associative e dei movimenti toscani. Con il presente contributo auspichiamo anche il superamento di un processo di indebolimento della politica, che ha prodotto un ceto politico spesso staccato dalla realtà, conducendo ad una progressiva privatizzazione della sfera pubblica, mentre l’obiettivo deve essere oggi quello di recuperare spazi pubblici e aperti di democrazia.

2. LA TOSCANA DEI COMUNI: VERSO IL FEDERALISMO MUNICIPALE
I comuni devono essere riconosciuti come l’anello fondamentale, fortemente radicato nella storia, che lega democrazia dei cittadini e democrazia del territorio. I comuni, sviluppando la loro tradizione di autogoverno, sono la base del federalismo municipale e cooperativo, in cui unioni di comuni, circondari, province, regione siano effettiva espressione di processi aggregativi di politiche comunali. Si tratta di avviare un processo opposto a quello che porta in molti casi a nuovi staterelli centralistici regionali, prodotti da un malinteso federalismo come riproduzione locale dei meccanismi decisionali dello stato centrale. I Comuni aderenti alla Rete del Nuovo Municipio sono interessati a programmare uno sviluppo sostenibile e autoregolato, che assicuri una vita di qualità a tutti i toscani (vecchi e nuovi, presenti e futuri) e che a tal fine impegni l’intero sistema del governo regionale a sperimentare nuovi modelli e stili di vita, di produzione e di consumo, che sappiano assumere i patrimoni territoriali, ambientali, paesistici, artistici e culturali, come base per la valorizzazione delle risorse locali in Toscana. I comuni ritengono altresì necessario consolidare la partecipazione come metodo per decidere le priorità e i progetti strategici, secondo una visione non settoriale ma complessa e integrata dello sviluppo. C’è da pensare all’oggi, ma soprattutto al futuro: sotto questo aspetto si deve valorizzare e rafforzare il ruolo della autonomie locali in tutti i programmi, le leggi e gli strumenti regionali, insieme ad un consolidamento delle innovazioni istituzionali che hanno già prodotto aggregazioni di comuni e svolgimento associato delle funzioni. Un governo regionale in grado di lavorare in rete con i Comuni, espressione di essi in ottemperanza al principio di sussidiarietà.

3. LA TOSCANA DEI DIRITTI E DELLA PARTECIPAZIONE
Il programma deve essere non solo enunciato, ma anche attuato socialmente. Ciò significa dotarsi di regole condivise da tutto il sistema istituzionale (regione, province, comuni…) per praticare forme di democrazia partecipativa fondate sul concetto del cittadino-competente. Leggi regionali e statuti comunali che prevedano forme di protagonismo delle comunità locali a partire dalle grandi questioni dello sviluppo autosostenibile, del governo del territorio (formazione degli statuti e dei progetti di trasformazione condivisi) della pace, della gestione dei beni comuni. In questo senso sosteniamo la proposta di una legge regionale sulla partecipazione avanzata dal Presidente Martini, che fornisca gli indirizzi, il supporto e gli incentivi alle realtà locali che intendono praticare forme di coinvolgimento deliberativo dei cittadini. A questo fine la Rete del Nuovo Municipio ha organizzato un convegno, per il 9 marzo 2005 a Firenze, per discutere i principi e gli indirizzi di una legge regionale sulla partecipazione. Riteniamo che i processi partecipativi devono possedere alcuni requisiti condivisi, tra cui:
- promuovere istituti permanenti di partecipazione che investano tutti i settori dell’amministrazione in modo integrato;
- riconoscere carattere decisionale agli istituti; promuoverne una composizione inclusiva (allargamento della base sociale rappresentata), multiculturale e multietnica, che riconosca e dia voce a tutte le esperienze in atto di autoorganizzazione sociale e culturale nel territorio;
- promuovere l’unitarietà delle sedi partecipative (articolabili per temi);
- attivare i processi partecipativi in tutte le fasi dei processi di trasformazione del territorio, dell’economia, dell’ambiente: definizione dei problemi, definizione delle risorse (giacimenti patrimoniali locali, statuti dei luoghi), scenari di trasformazione, gestione e realizzazione dei piani e delle politiche. In questa direzione va interpretata in particolare l’applicazione della nuova legge di governo del territorio (Lr 1/2005) della Regione Toscana.

4. LA TOSCANA DEI BENI COMUNI E DEI SERVIZI PUBBLICI
L’ambito dei servizi pubblici locali è stato investito nell’ultimo decennio da radicali trasformazioni, che ha seguito in Toscana una via peculiare (privatizzazione parziale delle aziende pubbliche dei servizi, che sono rimaste a maggioranza pubblica), ma che ha determinato una forte insoddisfazione tra i cittadini e gli enti locali. I processi di esternalizzazione e in parte di privatizzazione hanno allontanato le gestioni dai territori e indebolito il ruolo di programmazione dei comuni, espropriando in particolare i consigli e le assemblee elettive del ruolo di programmazione e controllo; queste perdite non sono quasi mai compensate dall’economicità e dall’efficienza delle nuove gestioni. I comuni si sono così ritrovati a dover far fronte ad un diffuso malcontento della cittadinanza senza avere tra le mani le leve adeguate per incidere sul miglioramento delle gestioni e la modulazione delle tariffe. Siamo per un intervento legislativo su tutto il settore dei servizi pubblici locali (dal servizio idrico integrato, alla gestione dei rifiuti, al trasporto pubblico locale, ecc.) che individui chiaramente i principi ai quali conformare sia i modelli organizzativi che le modalità di affidamento e di gestione. In primo luogo è necessario il riconoscimento del valore sociale dei servizi pubblici locali, sottraendoli alle logiche di impresa, con la definizione dell'acqua come bene comune essenziale alla vita.
Chiediamo ai candidati di aderire alla proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato della Regione Toscana.
Rafforzare il ruolo delle istituzioni pubbliche nella programmazione e gestione dei principali servizi pubblici in quanto beni comuni, a partire dai beni del territorio che garantiscono la riproduzione materiale della vita e che sono insostituibili: acqua, aria, suolo, energia,…; e che garantiscono la convivenza, le relazioni sociali e la vita pubblica: trasporti, patrimoni territoriali e culturali, spazi pubblici, salute, istruzione, sicurezza, pace… Ripensare criticamente i percorsi fatti e riaffermare il valore sociale, non monetizzabile, dei beni comuni, a partire dall’acqua nei suoi aspetti quantitativi (minimo vitale gratuito per tutti, regolazione pubblica dei prelievi) e qualitativi (protezione delle falde, ritorno alla vivibilità dei fiumi per le popolazioni rivierasche, a partire dall’Arno). La produzione e la gestione dei beni non deve essere inserita nella logica di mercato, ma restare saldamente in mano pubblica, attivando forme di partecipazione sociale, per quanto riguarda la programmazione e il controllo, attuando il concetto che i beni pubblici non sono merci. Puntare alla riduzione dei rifiuti, al loro riuso e riciclaggio, al recupero di materia e di energia ed in particolare alla chiusura dei cicli, prevedendo. reali incentivi per chi riduce i rifiuti e favorendo il potenziamento delle raccolte differenziate. L’obiettivo-guida dovrà essere quello dei “rifiuti zero” al 2020, obiettivo possibile, economicamente vantaggioso per i cittadini, utile per l’ambiente e la salute, necessario sotto il profilo etico, a partire da politiche di riduzione drastica dei rifiuti e dalla riconsiderazione critica degli imperativi della crescita economica quantitativa e dei consumi, nonché della scelta impiantistica della termovalorizzazione.
Tra i beni comuni vanno considerati in particolare il suolo ed il paesaggio come risorse quantitativamente limitate e qualitativamente rare che, in molte aree della regione come il Valdarno hanno subito un tasso di sfruttamento distruttivo attraverso una elevata e caotica densità di insediamenti; occorre pertanto cominciare a porsi l’obiettivo del “consumo zero” di territorio.

LOCALE E GLOBALE: VERSO UN MONDO PLURALE
A partire dalle esperienze di San Rossore, del Forum sociale europeo di Firenze, e dai principi della Carta del Nuovo Municipio, il rapporto tra Regione e territori locali deve configurarsi come l’ambito privilegiato nel quale si incontrano le questioni globali e i processi locali per la costruzione di una globalizzazione dal basso, solidale e non gerarchica. Il nuovo municipio, come perno di un federalismo non gerarchico, si fa promotore di una valorizzazione aperta dell’identità locale, nell’orizzonte di relazioni globali cooperative con il mondo. Occorre dunque rafforzare le esperienze di cooperazione dal basso e di diplomazia municipale per la pace e gli scambi solidali a livello internazionale come tratto distintivo della Toscana. Anche in questa direzione va rafforzato l’associazionismo intercomunale e il ruolo degli enti intermedi (Circondari, Comunità montane, Province) visti come espressione dell’insieme dei comuni. La Toscana può dare un contributo attivo al nuovo mondo possibile, attivando reti in cui il ruolo dei movimenti e dei giovani costituisca una linfa vitale per il rinnovamento delle politiche e della società, valorizzando esperienze già maturate nei territori.

6. NUOVI CITTADINI E NUOVE CITTADINE
Bisogna accettare e sviluppare la sfida di una identità toscana in continua evoluzione. La Toscana del domani sarà diversa da quella di oggi, frutto della combinazione di culture diverse e della scelta dell’intercultura come pratica, dei servizi per i nuovi arrivati come strumenti della crescita sociale e civile.
a) Diritti di cittadinanza
È necessario lavorare per occupare gli spazi locali di cittadinanza, utilizzando anche gli interstizi fra le contraddizioni del quadro normativo nazionale. La base politica deve essere il riconoscimento dei diritti di cittadinanza di tutte e tutti, indipendentemente della condizione giuridica. Per realizzare questo obiettivo è indispensabile promuovere un’azione culturale mirata a svincolare il riconoscimento dei diritti dal possesso della cittadinanza nazionale, e dunque della comunanza di origine. In tal senso riveste un’importanza cruciale l’approvazione di una nuova legge regionale sui diritti dei e delle migranti – basata appunto sul riconoscimento della cittadinanza di residenza (da cui deriva anche l’attribuzione del diritto di voto) e sull’assicurazione degli interventi di prima assistenza e di prevenzione - che dovrebbe però essere accompagnata da azioni specifiche sia a livello regionale che locale, onde evitare che rimanga una mera dichiarazione di principi. Per garantire il riconoscimento e il godimento dei diritti di cittadinanza a tutte le persone presenti sul territorio occorrono strumenti volti a:
- facilitare l’accesso ai beni materiali e simbolici della società a tutte le persone; non soltanto ai residenti;
- favorire la partecipazione dei e delle migranti, anche con il riconoscimento del diritto all’elettorato attivo e passivo in tutte le consultazioni;
- promuovere la modifica di statuti e regolamenti degli Enti al fine di favorire l’accesso ai lavori qualificati, alla casa, alle prestazioni sociali;
- promuovere il passaggio agli enti locali delle competenze in materia di soggiorno, partendo della promozione di accordi fra questure e comuni;
- promuovere l’integrazione della politica antirrazzista e antidiscriminatoria in tutte le sfere di governo e azione pubblica e privata;
- garantire il diritto alla casa, mediante azioni mirate a favorire l’accesso all’edilizia residenziale pubblica e al credito;
- promuovere la deprivatizzazione del lavoro di cura, garantendo un quadro di diritti umani e contrattuali per le lavoratrici straniere in questo settore;
- garantire il diritto allo studio dei bambini e delle bambine figli di immigrate/i.
Il primo diritto di cittadinanza è la casa, un diritto oggi largamente negato dai processi di forte polarizzazione sociale ed economica in atto che provocano aumento delle povertà. La questione sociale va posta rispondendo alla reale complessità della domanda:
- garantire l'accesso all'abitazione alle fasce deboli della popolazione (stranieri, studenti, single, giovani coppie, anziani) attraverso politiche dedicate costruite attraverso processi partecipativi;
- incentivazione di nuovi modi di abitare adatti a nuovi stili di vita e a forme di ricomposizione tra abitazione e lavoro (nuovi produttori, ripopolamento delle campagne, case-atelier, case-studio, ecc.), sviluppando il diritto a sperimentare nuove forme del vivere e del produrre la propria città;
- incentivare le innovazioni nel modo di costruzione e di manutenzione delle abitazioni (risparmio energetico, sperimentazione sui materiali e sulle tecniche costruttive, bioedilizia e biopianificazione);
- incentivare le esperienze di autorecupero, autoristrutturazione, autocostruzione;
- incentivare il carattere collettivo dell'abitare (ricostruzione di un tessuto di luoghi collettivi intorno all'abitazione, autoristrutturazione e autogestione degli spazi verdi e semipubblici, creazione di "community gardens");
- attivare una diversa politica delle aree dismesse anche in rapporto alla possibilità di riutilizzo per abitazioni sociali e per spazi e strutture di uso collettivo.
b) Politica di genere e diritti delle donne
Le donne toscane, di qualunque origine, possono rappresentare uno straordinario ponte fra tradizione e innovazione. L’elaborazione di piattaforme di azione degli organismi internazionali, le direttive europee e le leggi nazionali in favore delle pari opportunità donna–uomo, nonostante rappresentino degli importanti strumenti legislativi, non hanno prodotto modifiche sostanziali nella condizione delle donne, in particolare per quanto riguarda la loro partecipazione alla vita politica e alle responsabilità pubbliche. I tempi e i modi della politica, la rigida divisione di genere dei ruoli e delle mansione in campo lavorativo, l’ineguale divisione dei compiti nella famiglia, il lavoro di cura dei bambini e degli anziani, continuano a penalizzare fortemente le donne. Un’attenta politica di genere deve favorire la partecipazione delle donne nei luoghi di decisione e di gestione, la creazione di spazi d’incontro e scambio intergenerazionali, l'integrazione orizzontale delle pari opportunità mediante specifiche azioni mirate a garantire la presenza effettiva delle donne in tutti i livelli della vita politica, sociale, culturale ed economica. Lo stesso principio dovrà ispirare la formazione di regolamenti vincolanti per garantire trasparenza, competenza, equilibrio della rappresentanza nelle nomine di secondo livello: enti di governo di grandi ed essenziali servizi pubblici, culturali, sociali, ambientali. Sostenere la crescita di un welfare municipale democratico ed inclusivo, che sperimenti l’istituto del “bilancio partecipativo di genere” e che dia supporto alle donne a rischio di emarginazione. Ciò significa anche attivare politiche volte alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle donne; riconoscere i diritti delle lavoratrici immigrate che si occupano della cura domiciliare; sostenere le scelte di autonomia e responsabilità delle donne immigrate con particolare attenzione all'ascolto delle proposte avanzate dalle loro associazioni. Tutto questo deve essere supportato sul piano culturale, rafforzando un sistema di formazione/informazione in grado di produrre conoscenze per permettere alle donne di partecipare, opinare, contare nelle decisioni e nel controllo dei poteri.

7. AMBIENTE, WELFARE, NUOVE ECONOMIE, STILI DI VITA
La Toscana può sperimentare nuovi stili di vita e nuove economie, ponendosi l’obiettivo di una de-crescita dei consumi in funzione ambientale (ri-generazione delle risorse) e sociale. La Toscana delle toscane può realizzare benessere e ricchezza durevole superando una malintesa idea di modernizzazione come competizione esasperata (grandi opere urbane, grandi infrastrutture, grandi espansioni urbane, degrado dell’ambiente e del paesaggio, distruzione dei sistemi distrettuali con la concentrazione multinazionale delle imprese, ecc), sviluppando la piena valorizzazione dei propri giacimenti patrimoniali locali, ambientali, storici, urbani, paesistici, rispettandone le regole costitutive e le qualità specifiche dei paesaggi. L’occasione della nuova legge di governo del territorio (LR 1/2005) va utilizzata per sviluppare la parte statutaria e identitaria dei piani, facendo degli statuti le “Carte costituzionali”, socialmente costruite e condivise, di ogni comune, di ogni sistema territoriale locale, verso l’autogoverno del proprio futuro. Occorre sviluppare un nuovo approccio economico: meno competizione e più solidarietà; produrre per il benessere e per vivere sani: valorizzazione dei prodotti locali e qualità dei processi costruzione di nuovi rapporti fra città e mondo rurale per la costruzione di “reti corte” di produzione- commercializzazione-consumo; riduzione della mobilità socialmente inutile e dannosa (dumping salariale e ambientale). Da queste considerazioni deriva anche la necessità di studiare misure di mobilità pubblica e alternativa per un “desviluppo automobilistico” per accrescere la qualità ambientale e sociale nelle città della Toscana.
Un obiettivo deve essere la riduzione dell’impronta ecologica in Toscana (siamo oltre il 4, arrivare a 1,4) attraverso la tendenziale chiusura locale dei cicli dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia, dell’alimentazione… e promuovere meccanismi di autosostenibilità, cioè modelli di sviluppo locale autosostenibile, valorizzando i giacimenti culturali locali, sperimentando anche a livello regionale la metodologia del debito ecologico.
Occorre rifiutare la logica di un modello di sviluppo a consumi energetici crescenti. Non basta risparmiare energia, ma si deve produrre energia in Toscana attivando mix energetici locali di fonti rinnovabili. Sostenere con incentivi e sviluppare la produzione energetica locale (solare, eolico, idroelettrico, biogas, minii ecc.) è un concreto contributo a disinnescare una delle principali ragioni della guerra preventiva: il petrolio.
E’ necessario che le amministrazioni (regionale e locali) superino un modello di confronto tra pochi attori forti e valorizzino gli attori economici portatori di valenze etiche nella produzione: agricoltori biologici e della produzione tipica, con funzione di produzione di beni ambientali pubblici; imprese a valenza ambientale e sociale, nella formazione, nella comunicazione; attori del commercio equo e del consumo critico, reti di economia solidale. Prendendo forza da questo ricco tessuto di micro-auto imprenditorialità gli enti locali possono aumentare la loro capacità di contrastare il dominio decisionale sui territori dell’impresa di profitto e del grande capitale finanziario, incentivando reti produttive e sistemi di piccola e media impresa che valorizzano in forme durevoli i giacimenti patrimoniali locali creando valore aggiunto territoriale. Sul piano del metodo proponiamo un passaggio dalla concertazione alla partecipazione, dal consociativismo alla partecipazione allargata nella gestione dell’economia locale, dal welfare statuale al welfare municipale, valorizzando la gestione sociale dell’economia, dando risposte ai diritti della molteplicità delle forme lavorative (precarie, autonome, sociali, ecc). In relazione a quest’ultimo argomento occorre contrastare a livello regionale la applicazione della legge 30 e la promozione di conferenze territoriali per sperimentare nuove forme di stabilizzazione dei rapporti di lavoro, di formazione permanente, di reddito di cittadinanza.
La sanità e l’assistenza, che sono il fondamento della qualità sociale, devono essere sottratte a logiche spinte di aziendalizzazione per tornare nelle mani delle amministrazioni pubbliche e di forme allargate e decisionali di partecipazione sociale.

8. LA TOSCANA DELLA PACE
La nostra regione deve essere in prima fila nelle grandi battaglie per la pace nel mondo e, coerentemente, adottare politiche che contribuiscano a disinnescare le ragioni della guerra:
- politiche di cooperazione internazionale e di diplomazia municipale e regionale (ospitalità di popolazione infantile contaminata, monitoraggio e bonifica delle città bombardate con alto impatto ecologico e sanitario);
- politiche energetiche locali, di riduzione dei prelievi di risorse dal sud del mondo, per la sovranità alimentare, sviluppo di economie solidali ecc.;
- politiche contro la produzione di morte: fabbriche di armi, banche armate;
- politiche per la smilitarizzazione della vita quotidiana: contro la blindatura delle città per ragioni di sicurezza, la criminalizzazione e reclusione delle fasce deboli, politiche municipali di accoglienza profughi, ecc.;
- politiche contro l’avvelenamento militare e civile dei territorio.
Più specificamente si possono attivare politiche per influire sulle scelte di riarmo e sulla militarizzazione dei territori. Attraverso il Comipar (Comitato paritetico per le servitù militari) la Regione può bloccare i piani di ampliamento dei siti militari e rigettare lo stoccaggio di nuovi armamenti.
Facciamo tre esempi significativi, che non esauriscono il quadro completo degli insediamenti militari in Toscana, ma sono relativi ai siti più importanti: Livorno, Camp Darby e Grosseto. Livorno non è solo il porto di passaggio delle munizioni e armamenti provenienti dai depositi di Camp Darby e destinate alle guerre in Medio oriente, ma è anche uno degli 11 porti nucleari in Italia. Occorre una opposizione agli accordi bilaterali secretati con gli USA che consentono l’attracco di sommergibili a propulsione nucleare e di natanti che recano armi atomiche. Nel quadro di questa opposizione e di una lotta per la revoca di questi accordi, può assumere rilievo la pubblicizzazione dei piani di emergenza ed evacuazione dei civili, obbligatori per legge e quasi mai realizzati e resi noti. Per Camp Darby, a seguito delle grandi manifestazioni pacifiste del 2003 e 2004, il presidente della Regione ed alcuni assessori della giunta hanno espresso pareri possibilisti circa l’ipotesi di riconversione “ad usi civili” della base, ma precisando che la base stessa potrebbe assumere le caratteristiche del peacekeeping per le missioni umanitarie. Siamo per rifiutare qualsiasi militarizzazione e destinare i siti a chiari usi civili, quali il risanamento dei depositi di armi, soprattutto a partire da quelli contenenti armi nucleari o altre armi ad alto rischio, la trasformazione del territorio in parco e infrastrutture sociali, l’abolizione dell’uso per il trasporto di armi da guerra del canale dei Navicelli e del porto di Livorno. A Grosseto, nel mezzo del parco della Maremma è insediato un aeroporto militare del quale si chiede la riconversione in aeroporto per i mezzi di protezione antincendio che potrebbero servire grandi aree boschive del centro Italia. A questo proposito il Comitato “Solo aquiloni nel cielo di Maremma” chiede la chiusura e riconversione delle piste militari e l’abolizione della produzione collaudo e stoccaggio di Eurofighter (cacciabombardieri atomici prodotti da Finmeccanica, attraverso la fabbrica Alenia di Torino), rispetto a cui è possibile coinvolgere anche la regione Piemonte.

9. LA TOSCANA DELLA CULTURA, DELLA SCUOLA E DELLA FORMAZIONE
La Toscana è terra di città, ma essa costituisce anche una grande regione rurale. Un rilancio del rapporto città-campagna, con una particolare attenzione alle connessioni del sistema (mobilità, infrastrutture, flussi commerciali locali, ecc.) e con il riconoscimento (economico, culturale, tecnico) dei nuovi ruoli di produzione di beni pubblici da parte del mondo rurale (salvaguardia e valorizzazione ambientale e del paesaggio, qualità dell’alimentazione, reti corte di produzione e consumo), può essere la base di un nuovo slancio culturale ed economico della regione, assieme alle forme di intercultura.
Il sistema delle scuole pubbliche, delle università e dei loro poli territorializzati, della ricerca, della formazione deve integrare l’orizzonte vasto del mondo attraverso la valorizzazione dei tratti distintivi dei molti sistemi territoriali locali della Toscana che ne costituiscono la potenziale ricchezza, in modo da farne un fondamentale terreno formativo per le giovani generazioni e una spinta identitaria verso l’innovazione, nell’ambito della libertà dei saperi, senza chiusure e con spirito di accoglienza. Chiediamo alla Regione un forte e prioritario sostegno alla scuola pubblica e uno sforzo di crescente integrazione tra sistema della formazione professionale e sistema dell’istruzione pubblica. È fondamentale l’investimento sui giovani, i quali vivono oggi una condizione di precarietà che allontana la possibilità di contare su un “progetto di vita”; essi hanno bisogno ovunque di luoghi nuovi di incontro, così come dal recupero di aree industriali dismesse potrebbe derivare la creazione di luoghi polifunzionali per la cultura e gli istituti della partecipazione, luoghi valorizzati dalla contiguità fra comuni, dalla rete ferroviaria, e da altre potenzialità anche produttive (incubatori artigianali). L’incontro tra culture locali e altre può produrre qui un significativo modello di equità e sostenibilità, economica, sociale e spaziale. Produrre conoscenza finalizzata al benessere sociale e alla produzione di ricchezza durevole in forme sostenibili, valorizzando la peculiarità dei giacimenti patrimoniali locali, è la base non solo di una migliore qualità della vita, ma anche il mezzo più significativo di rafforzare la democrazia e la partecipazione.
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Il documento, promosso dalla Rete del Nuovo Municipio, è stato integrato con i contributi dell’Assemblea dei movimenti e delle associazioni toscane del 14 febbraio 2005 a Firenze, cui hanno aderito:
Laila Abi Ahmed (Nosotras, associazione di donne immigrate)
Farhia Aidid Aden (Punto di Partenza)
Piero Baronti (Legambiente)
Fiammetta Benati, Francesco Pardi (Laboratorio per la Democrazia)
Ugo Biggeri (Banca Etica)
Fiorella Bomè (ATTAC Italia)
Giuseppe Brogi (Aprile per la sinistra)
Lisa Clark (Beati i costruttori di pace)
Marco Della Pina (Forum Ambientalista)
Pape Diaw (Forum dei Migranti)
Fabio Elmini (Assessore Comune di Follonica)
Francesca Farabollini (Laboratorio della Cittadinanza Attiva Sovicille-Siena)
Mauro Faticanti (FIOM-CGIL Toscana)
Tommaso Fattori (Forum dei movimenti e delle reti e dei Social Forum toscani)
Mercedes Frias (Assessore Comune di Empoli)
Roberta Giorgi (Maremma Social Forum)
Mario Gottini (Social Forum Piombino)
Franco Insalaco (Rivista Eupolis)
Ernesto Ligutti (Associazione Culturale Punto Rosso-Massa Carrara)
Stefano Mazzoni (Cittadini di Montespertoli in difesa della qualità dell'ambiente)
Jacopo Menichetti, Alberto Mega (Cantieri Solidali)
Omero Nardini (Laboratorio per una comunità partecipe e solidale Borgo a Buggiano PT)
Sergio Nieri (Osservatorio civile di Livorno)
Giancarlo Paba (Laboratorio di Progettazione Ecologica degli Insediamenti)
Rossano Pazzagli (Cantiere della Democrazia)
Enrico Pezza (Rete Lilliput)
Giampaolo Pioli (Sindaco Comune di Suvereto)
Giorgio Pizziolo (Comitato Cittadini di Firenze)
Leonardo Rombai (Italia Nostra)
Patrizia Salerno (Forum permanente delle donne Certaldo)
don Alessandro Santoro (Comunità di base delle Piagge)
Claudio Saragosa (Sindaco Comune di Follonica)
Monica Sgherri (Tavolo toscano contro la privatizzazione dell’acqua)
Vincenzo Striano (ARCI Toscana)
Marco Tulli (Arezzo Social Forum)

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