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da Il Manifesto del 22 Giugno 2006, p. 2

Costituzione e buon federalismo
di Pierluigi Sullo


C'è un punto di vista assai poco rappresentato, a proposito del referendum sulla riforma costituzionale della destra. Ed è un guaio, perché non è la conservazione il modo migliore per sconfiggere la «modernità» berlusconiana. Tanto più se questo virtuoso atteggiamento è condito con l'assicurazione che sì, la riforma della Costituzione bisogna farla, e che sì, l'esecutivo va rafforzato e la «governabilità» assicurata, ma che a farlo saremo noi, che siamo più affidabili e più graditi ai «mercati». A testimoniare quanto pericoloso sia questo atteggiamento sta la sciagurata avventura della Commissione bicamerale presieduta dal compagno D'Alema subito prima di decidere di mandare gli aerei a bombardare Belgrado, e mentre si varava il pacchetto Treu o la legge Turco-Napolitano , ecc. Carta, giocando un po' in copertina con la sua testata cerca di proporre questo punto di vista nel numero del settimanale in uscita questo sabato. Lo scorso anno, a Bari, parteciparono all'assemblea degli amministratori che aderiscono alla Rete del Nuovo Municipio quattro o cinquecento sindaci, assessori, eletti comunali, provinciali e regionali, Nichi Vendola e il sindaco della città, Michele Emiliano. Da quella assemblea uscì una proposta bizzarra: il «federalismo municipale solidale». Di che si tratta? Il punto di partenza è la constatazione che la splendida architettura democratica disegnata nella nostra Costituzione ha anch'essa subito i colpi della globalizzazione, che non solo sottrae sovranità agli Stati nazionali, ma corrode sotto i piedi della Repubblica - come è stata concepita dai costituenti - la sua base più solida, il lavoro. Lanfranco Caminiti, ha scritto su questo punto, nell'inserto speciale dedicato al referendum, un articolo suggestivo: le sirene che scandivano il tempo del dentro e fuori delle fabbriche, dell'organizzazione operaia e dell'impegno civico e politico, ormai tacciono. Così che la «Repubblica fondata sul lavoro» trova oggi un fondamento assai fragile nella precarietà costitutiva delle nuove forme di lavoro . Perciò, dice Lanfranco, il movimento nato con l'inizio del nuovo secolo va cercando altri modi della democrazia. O, per dirla in un linguaggio da sociologi, tenta di ridare peso e diffusione ai «corpi intermedi» della società che, nella Costituzione, fanno da contrappeso agli ormai incontrollati poteri economici e all'invadente sistema politico-mediatico. Questo tentativo, scrive ancora Alberto Magnaghi su Carta, ha trovato il suo naturale ancoraggio nelle comunità locali e nelle loro istituzioni, rivitalizzante dall'ampia gamma di sperimentazioni democratiche dirette o partecipative, dal bilancio partecipato alla cooperazione decentrata, in molte Province e oggi anche in sei o sette Regioni. La sostanza è proprio l'opposto dell'accusa che la vecchia sinistra muove al municipalismo, quella di disgregare l'unità del paese. Invitando ad andare a votare al referendum, e beninteso a votare No, i neo-municipalisti affermano: i valori antifascisti e pacifisti della Costituzione, e la sua attenzione al sociale, alle autonomie locali, alle assemblee elettive prima che agli esecutivi, è la radice grazie alla quale una nuova democrazia può crescere.

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