Cronaca e opinioni
Antonio Bonomi

La sala del Consiglio del Quartiere Santo Stefano, al Baraccano, era un tempo cappella del Collegio per orfanelle. L'abside ospita una grande pala d'altare rinascimentale, nella quale una Madonna benevolente presenta sotto di se i quattro protettori: Petronio, Vitale, Agricola e Domenico di Guzman. Ai loro piedi, sorretto da una vezzosa angioletta, una veduta panoramica di Bologna turrita.
Giovedì sera, il 24 febbraio, si è verificata una curiosa corrispondenza, fra l'antica immagine e il tavolo dal quale il Corso di Laurea in Scienze Geografiche e MeTIS e l'Associazione Rete del Nuovo Municipio, con il Patrocinio del Quartiere, presentavano alla cittadinanza "Progetti di mobilità e forma urbana". Paola Bonora, introduceva punzecchiando acutamente, quattro personalità del governo del territorio bolognese che si avvicendavano nell'illustrazione, aiutandosi con proiezioni informatizzate purtroppo meno intelligibili dalla platea, per inadeguatezza del mezzo, dell'immagine retrostante della Bologna bentivogliesca. Lascio a chi ci si vuol cimentare l'istituzione di possibili paralleli fra i personaggi del dipinto e i relatori; mi limiterò a ricordare che l'incontro era ispirato anche dalle ricerche urbane della Compagnia dei Celestini, che prende il nome da una storica e letteraria istituzione rivolta ad un'altra categoria di "figli di nessuno".
Piero Cavalcoli, urbanista del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale ne ha illustrato le scelte che connetteranno le possibilità di nuovi insediamenti alla realizzazione di tre reti di trasporto: il Servizio Ferroviario Metropolitano, la rete di metrotram all'interno del Comune di Bologna e la "grande opera" del Passante autostradale nord che solcherà la pianura Bolognese.
Giancarlo Mattioli urbanista responsabile del Progetto nodo Ferroviario lo ha illustrato, nella sua realtà attuale e nei futuri sviluppi, elencando però anche le indecisioni e le inadempienze che minacciano la conclusione positiva di un progetto che viene da lontano (1994) e che potrebbe essere concluso nella seconda decade di questo secolo.
Maurizio Zamboni, assessore alla mobilità e ai lavori pubblici del Comune ha "fatto un ripasso" dello stato dei progetti di trasporto pubblico in città: la metrotranvia da Fiera a Stazione FS, Piazza, Ospedale Maggiore con prosecuzione in superficie fino a Borgo Panigale e il collegamento fra Stazione FS e San Lazzaro con i tram su gomme Civis. Su questi progetti si è in attesa della decisione di finanziamento del governo.
Si è poi chiesto, "e intanto che fanno i Bolognesi?" e si è risposto elencando i provvedimenti urgenti in programma: accensione di SIRIO per il contenimento del traffico di auto nel centro storico, diffusione di RITA per garantire scorrevolezza al trasporto pubblico, completamento della rete di piste ciclabili protette e ripresa delle pedonalizzazioni centrali e anche periferiche.
Virginio Merola, nuovo assessore all'Urbanistica ha tagliato giù duro: riapertura dei lavori per il Piano Strutturale, su linee diverse da quelle della giunta Guazzaloca, in accordo con la Provincia e con diffusi momenti di partecipazione.
Pochi interventi, data l'ora tarda, fra i quali due apertamente critici sulle scelte del traffico su gomma e il Passante Nord, avversato da tecnici, come investimento inefficace e dispendioso e dagli abitanti dei Comuni di pianura come una inutile devastazione ambientale.
Fra gli interrogativi suggeriti da Paola Bonora uno particolarmente graffiante, introdotto anche da Mattioli, sull'inopportunità di infilzare il territorio e il centro storico con la galleria del metrò quando un onesto tram in superficie potrebbe servire le medesime zone a un costo molto inferiore e senza tutti gli inconvenienti della soluzione sotterranea.

Esaurita la cronaca, mi permetto alcune considerazioni:
Il PTCP evidenzia finalmente la massa di errori di cui è vissuta negli ultimi vent'anni l'urbanistica "sviluppista" dei Comuni emiliani, basata sul consumo di territorio agricolo, la connivenza con la rendita, lo scialo dei beni comuni. Cerca di porvi rimedio, ma, a mio avviso con scarso impegno e appoggiandosi sulle stesse forze e sugli stessi strumenti che hanno causato contraddizioni e degrado. Anzi, proponendo il Passante Nord e le regalie ai campanili e alla rendita che sembrano necessari per farlo accettare, getta le basi per altri e più definitivi disastri. Occorrerebbe invece una decisa svolta e l'unica scelta forte che può contrastare la congestione del traffico e incidere sugli stili di vita è la realizzazione completa e impeccabile del Servizio Ferroviario metropolitano che, sostituendo gran parte del traffico pendolare privato fra residenze e luoghi di lavoro, può aprire la sclerotica forma urbana al rinnovamento delle funzioni e al miglioramento della qualità di vita. Le rotaie ci sono quasi tutte, le stazioni e fermate si stanno un po' alla volta costruendo, ma ora servono treni e ferrovieri e per procurarseli Regione, Provincia e Comuni devono indirizzare a questo investimento una parte delle risorse, sacrificando altri settori e facendolo capire bene ai cittadini, e anche al Governo che ora sembra intento a tutt'altri "viaggi".
Purtroppo il concatenamento delle decisioni prese tanti anni or sono e le vicende dei cantieri relegano il funzionamento del SFM all'ultimo atto di una "telenovela" cui mancano troppe puntate: scavare la galleria dell'alta velocità e la stazione a cassone sotterraneo che liberando il 1° binario FS rende possibile il collegamento fra i rami est e quelli ovest della rete SFM, l'elettrificazione e il congiungimento in galleria della Bologna Portomaggiore, il raddoppio della Bologna Verona almeno fino a Crevalcore, la ristrutturazione della stazione e tanti altri interventi che, se tutto va bene, richiederebbero almeno altri quattro anni, per poi faticosamente decollare col servizio che dovrà essere integrato fra trenini, bus e filobus, Civis, eventuale metro-tram e, come si usava dire un tempo a sinistra, "quant'altro".
Zamboni si domanda "e intanto cosa facciamo fare ai Bolognesi?".
SIRIO e RITA possono partire in poco tempo, l'importante poi sarà "resistere" per non rifare come nelle vecchie giunte. Le piste ciclabili sono lente da fare, difficili da usare correttamente e da mantenere, come si è già visto. Ma quattro, cinque, sei anni sono lunghi da far passare. La congestione di auto si è enormemente complicata proprio nell'ultimo decennio, da quando cioè avendo deciso come doveva essere la futura mobilità collettiva, non si è più fatto nulla per contenere quella privata esistente e allora giù macchine!
Io penso che sia così importante avviare il SFM che occorre buttarsi a capofitto non solo a finanziarne e realizzarne bene i rami esistenti ma a trovare soluzioni temporanee o di sviluppo per dargli una logica compiuta.
Se i rami est ed ovest non comunicheranno per molti anni ancora, c'è pur sempre la "linea di cintura", tutta a doppio binario, che potrebbe già mettere in comunicazione il ramo di Castelfranco (BO - MI) con quello della Persicetana (BO - VR), e quello di Pianoro (BO - FI) e fra questi, fra fermate e coincidenze, il sistema funzionerebbe in pochi mesi raggiungendo tutte le stazioni e le fermate previste. Inoltre, la linea di cintura, toccherebbe la già esistente stazione Fiera e, mettendoci un po' di fantasia, si potrebbe ricavare qualch altra fermata lungo il tracciato, ad esempio allo "Zoppo", presso il Lippo, servendo una vasta area industriale nella quale sono presenti alcune delle più prestigiose aziende della cintura. Questa fermata potrebbe facilmente essere il recapito di mezzi pubblici dall'aeroport e collegarlo direttamente con la Fiera, senza gli strani usvigli ipotizzati sotto Guazzaloca.
Se poi si vuol essere un po' più creativi e si sistema una semplice passerella pedonale e ciclabile a lato del ponte sul Reno, la nuova fermata diventa accessibile dalle due rive, cioè anche dal Trebbo e da via Zanardi e si crea una alternativa ciclabile che rende meno necessario il ponte sul Reno della cosiddetta "Intermedia". L'avere poi a breve un collegamento rapido della Fiera con tutte le stazioni dell'SFM e con la rete regionale consentirebbe di utilizzare treni-speciali-fiera, da tutte le città del centro-nord e dai parcheggi scambiatori lungo le direttrici radiali del Bolognese (Pianoro, Casalecchio, Tavernelle, Castel Maggiore, Ozzano), nei quali, attraverso vendite facilitate di ingressi e altre agevolazioni, si potrebbero far confluire i visitatori.
Il che potrebbe anche condurre a un più ragionevole uso del purtroppo già previsto parcheggio Michelino, che a mio avviso presenta maggiori pericoli di congestione della Tangenziale e dell'intorno, di quanti siano i vantaggi che si pensa di trarne.
E questo sarebbe ossigeno per una Fiera che, dopo l'inaugurazione del mastodonte espositivo di Pero, dovrà combattere una dura battaglia per sopravvivere e specializzarsi, anziché lanciarsi in avventurosi decentramenti espansivi, come predicano alcuni balanzoni sognatori.
A questo punto, con la Fiera collegata direttamente all'aeroporto, alla stazione centrale e alle autostrade, chi ce lo fa fare di metterci a scavare come talpe per il gusto di avere un metrò che faccia ricchi i costruttori, rossi o di altro colore che siano e dilapidi il denaro di tutti?
Basterà qualche chilometro di tram moderni, con o senza rotaie, di filobus su corsie protette, di autobus e taxi collettivi senza emissioni, per girare scorrevoli in città senza dover buttare denaro e fatica in auto, benzina, assicurazioni e polveri sottili. I tanti soldi pubblici che il metrò divorerebbe sono più che sufficienti per far funzionare un sistema assai più completo, razionale e flessibile di quello ipotizzato.
Dalla mobilità alla forma urbana, proprio come era nel titolo dell'incontro, l'entrata in funzione rapida di un SFM non completo, e perfino un po' raffazzonato, come l'ho descritto, ma catalizzatore di un cambiamento collettivo verso "una città diversa e possibile", sarà lo spunto per processi di trasformazione del patrimonio urbano diversi da quelli ipotizzati. Se meno cittadini scelgono l'auto per i loro spostamenti si esaurirà la spinta per aprire nuovi centri commerciali in periferie poco raggiungibili. Ma soprattutto si potrà verificare che la vecchia tangenziale, razionalizzata e "sanificata" è in grado di assolvere ancora le sue funzioni rendendo pleonastico il rovinoso e ridondante Passante Nord. E quindi arrestando lo sbrodolamento di funzioni urbane nella fertile pianura.
Con gli attuali "chiari di luna" le grandi opere per la mobilità rischiano di entrare in funzione solo in un'epoca nella quale sarà già in offerta, a prezzi scontati, il teletrasporto personale TIN. Se invece ci mettiamo d'impegno ad usare subito, sempre meglio e con intelligenza le infrastrutture che abbiamo e che possono essere validamente aggiornate, potremo trarne spunto anche per una pianificazione del territorio più attenta al futuro. La "nuova idea di città", nell'epoca della decrescita dei consumi materiali, potrebbe proprio essere la trasformazione di un territorio sprecato e inquinato in una fabbrica d'avanguardia di un futuro conviviale ed amichevole, di un'armonia fra la società dei cittadini e l'ambiente. Non era forse questo l'obiettivo sotteso alla nostra vecchia "via emiliana"?
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Antonio Bonomi