Federalismo municipale, integrazione istituzionale e sviluppo della partecipazione (sintesi)
Rossano Pazzagli

Affrontare il tema della partecipazione significa porsi nell’ottica di rispondere alla crisi della democrazia, intervenire sul rapporto cittadini/istituzioni, impostare un discorso sul metodo come fondamento della ricerca di una nuova democrazia, per evitare i rischi di una post-democrazia dai tratti poco rassicuranti. Il dibattito sulla partecipazione e sulle nuove forme di democrazia si intreccia con la questione della riforma in senso federalista dello Stato, coltivata nel corso degli anni ’90 e culminata nella modifica del titolo V della seconda parte della Costituzione, che ha riconosciuto la pari dignità costituzionale dei diversi livelli istituzionali, quali elementi costitutivi della Repubblica, con il baricentro dell’amministrazione che si è spostato verso l’amministrazione locale.
Nella fase storica in cui i Comuni conoscono dunque una significativa trasformazione, rivestendo non più soltanto la funzione di luogo di base della rappresentanza, ma anche quella di sedi delle decisioni in una serie di settori fondamentali della vita dei cittadini, è necessario riflettere attentamente sui meccanismi decisionali e chiedersi se le tradizionali forme di democrazia delegata (in particolare quella dei consigli espressione dei partiti) siano sufficienti a rispondere ai nuovi bisogni di rappresentanza e di partecipazione che salgono da una società fortemente cambiata rispetto a cinquant’anni fa. La risposta non può che basarsi sulla conferma della loro importanza e indispensabilità, ma anche sul riconoscimento che le assemblee elettive e i corrispondenti organi esecutivi (compreso il sindaco eletto direttamente) richiedono ormai una decisa integrazione con forme di democrazia diretta, non in antitesi alla logica rappresentativa, ma come completamento dei processi di produzione delle scelte e delle decisioni a livello locale.
Il ruolo dei Comuni è centrale, ma spesso (per ragioni di risorse, di scala, di competenze, di cultura, ecc.) il Comune da solo non basta. Così come il federalismo non può essere concepito come una riproduzione locale dei meccanismi decisionali dello stato centrale, il municipalismo non può essere inteso come localismo chiuso (campanilismo), ma piuttosto come leva della partecipazione e di una ritrovata rappresentanza territoriale in grado di integrare quella politica. Su alcuni temi fondamentali (territorio, economia, sviluppo, ambiente e governo delle risorse, servizi e spazi pubblici, beni comuni…) appare necessario ragionare in una dimensione sovracomunale, a volte provinciale e più spesso a livello di sistemi locali. Per rispondere a questa esigenza si è sviluppato in Toscana un processo di associazionismo intercomunale, sostenuto anche da una specifica legge regionale (40/2001), che ha come immediata conseguenza lo spostamento di funzioni e servizi dall’originario livello comunale a quello del cosiddetto livello ottimale, che può assumere varie forme (unione di comuni, circondari, comunità montane…). Occorre fare in modo che questo spostamento non si traduca in un allontanamento delle scelte dai cittadini; sono dunque da definire ed incoraggiare strumenti e pratiche di partecipazione adeguate alla dimensione del sistema locale, di cui i comuni restano il fondamentale elemento di base: le agende21, i piani sociali di zona… fino alla pianificazione urbanistica, diventano così i terreni privilegiati sui quali sperimentare forme di democrazia partecipativa, valorizzando le esperienze già in corso.
I comuni devono essere riconosciuti come l’anello fondamentale, fortemente radicato nella storia, che lega democrazia dei cittadini e democrazia del territorio. I comuni, sviluppando la loro tradizione di autogoverno, sono quindi la base del federalismo municipale e cooperativo, in cui unioni di comuni, circondari, comunità montane e province siano effettiva espressione di processi aggregativi di politiche comunali. Si tratta di avviare un processo opposto a quello della cosiddetta devolution, che porterebbe in molti casi a piccolo stati regionali di stampo neo-centralistico.
La Toscana, che avviando per prima l’esperienza del Consiglio delle Autonomie, ha già saputo individuare gli enti locali come elementi fondamentali della struttura democratico-partecipativa regionale, può ora spingersi più avanti e promuovere insieme ai Comuni un sistema più ampio di partecipazione sociale, dotandosi di regole condivise da tutto il sistema istituzionale, sostenendo pratiche di democrazia partecipativa fondate sul concetto dell’abitante-competente e che facciano sentire realmente protagonisti delle decisioni i cittadini, le città e i territori della regione.
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Rossano Pazzagli
Coordinatore del Nodo Toscano della Rete del Nuovo Municipio