Comunicato dell'Assemblea contro le Grandi Opere di sabato 11 febbraio allo IUAV di Venezia
Grandi opere? Grandi bidoni!

Nelle scelte governative e nella propaganda mediatica degli ultimi anni si è affermata l'idea del carattere "salvifico" delle Grandi Opere: il dogma, in sostanza, secondo il quale la realizzazione di imponenti opere infrastrutturali costituisce comunque un passo in avanti sulla strada di un indefinito "progresso", un irrinunciabile "volano" per lo sviluppo economico del Paese e un elemento decisivo per la sua "competitività" sui mercati internazionali, un asse imprescindibile, infine, intorno al quale riorganizzare la "salvaguardia" e la stessa vita produttiva e sociale dei territori attraversati.

Una volta che siano visti da vicino ed analizzati con competenza critica, i mega-interventi proposti rivelano tutt'altro volto: si tratta di progetti spesso obsoleti, da tempo nei cassetti o con ostinazione sostenuti da potenti lobbies economico-imprenditoriali, solitamente con forti intrecci - ed in maniera purtroppo trasversale - con la politica istituzionale; prevedono costi elevatissimi, destinati a crescere in corso d'opera e, contrariamente alla declamata retorica del "project financing", quasi per intero a carico della finanza pubblica, sostenibili solo sottraendo risorse cospicue a investimenti di grande utilità sociale; comportano impatti ambientali pesantissimi, devastanti per i territori attraversati e, spesso, anche nocivi per la salute delle popolazioni interessate.

Per realizzare queste opere nell'interesse di pochi si stanno facendo carte false: si ignorano, ad esempio, i rilievi mossi da tecnici e scienziati indipendenti e, in particolare, vengono adottate procedure che saltano le valutazioni strategiche d'impatto ambientale e la verifica di possibili alternative, in aperta violazione di tutte le direttive in materia dell'Unione Europea, ed è stata addirittura costruita - con la Legge Obiettivo - una normativa ad hoc, che scavalca le Istituzioni locali coinvolte dai progetti e consente di procedere alla realizzazione delle opere, anche di fronte al parere negativo espresso dagli enti locali.

Nonostante tutti questi tentativi, le Grandi Opere - e le lobbies politico-affaristiche che le promuovono - stanno incontrando sul loro cammino una diffusa, crescente resistenza: si sono moltiplicate, negli ultimi anni e con maggior forza negli ultimi mesi, le iniziative di cittadine e cittadini che, talvolta insieme ai Comuni interessati, si organizzano dal basso per impedire che vengano loro imposti mega-progetti devastanti, inutili e dispendiosi, e per proporre progetti alternativi, a basso impatto ambientale, socialmente utili e finanziariamente sostenibili.

E' così in Val di Susa dove, contro la realizzazione del progetto TAV, lo sciopero generale dell'intera comunità, il blocco dei cantieri, lo sgombero e la successiva riconquista dei terreni di Venaus ha ottenuto una prima parziale vittoria, con la sospensione temporanea dei lavori e l'apertura di un tavolo di confronto. E' così tra Calabria e Sicilia dove, contro la costruzione del Ponte sullo Stretto, decine di migliaia di persone hanno manifestato a Messina. E' così a Venezia dove, contro il Mo.S.E. che vuole mangiarsi la Laguna, dopo le iniziative al Magistrato alle Acque e alle Bocche di porto e le oltre dodicimila firme raccolte in città per il blocco dei cantieri, il Consiglio comunale voterà presto un documento per le possibili alternative alle dighe mobili. Ma è così un po' dappertutto, come nel Nordest contro la nuova galleria del Brennero in Sud Tirolo, l'Alta Velocità nel Vicentino e il Corridoio Cinque nell'Isontino, contro la nuova Romea Commerciale, la Valdastico e la Pedemontana, o per la "grande opera" (questa sì!) della riconversione del polo chimico e delle bonifiche a Porto Marghera. E l'elenco potrebbe continuare a lungo....

Cercano di fermare questa formidabile resistenza, accusandoci di essere conservatori, retrogradi, nemici del Progresso. Cercano di isolare ciascuna di queste mobilitazioni, definendole come le battaglie del "non-nel-mio-giardinetto". Ma la dimensione locale di ciascuna di queste lotte pone immediatamente questioni globali, quale - nel caso della TAV - la critica alla realizzazione di grandi reti infrastrutturali europee, che utilizzano il territorio unicamente come spazio di attraversamento, risorsa da violare e sfruttare. O - nel caso del Mo.S.E. - come si immagini il futuro ambientale e sociale delle aree umide, lagunari e costiere, di fronte al surriscaldamento del pianeta e all'innalzamento del livello medio del mare. O - nel caso del Ponte sullo Stretto - quale idea dello "sviluppo" del Sud e del suo rapporto con popoli e culture dell'area mediterranea si abbia.

Alla logica delle Grandi Opere si contrappone dovunque non certo una chiusura localistica, ma la difesa del territorio come prezioso bene comune, di tutti e non solo delle comunità che vi risiedono. Ecco allora che la difesa di un territorio, della sua storia e della sua identità, della qualità della vita e del tessuto di relazioni sociali che su quel territorio sono cresciute, diventano rivendicazioni, locali e globali insieme, portatrici di una critica radicale ad un modello di sviluppo che si alimenta di decisioni prese altrove, da poteri forti e opachi, in nome dell?interesse superiore del profitto e della depredazione dei beni comuni. In tutte queste lotte è decisivo il riemergere del valore della dimensione comunitaria e municipale, come spazio praticabile per l'invenzione di nuove forme di democrazia e di autogoverno, anche qui senza alcun "localismo", ma nella continua ricerca di una relazione aperta con l'altro. Ed in questo passaggio prende corpo un'altra, diversa idea di "sviluppo" possibile, centrata sui bisogni reali di un territorio e della sua popolazione, sulla cura dei beni comuni, sulla crescita di relazioni solidali.

Abbiamo partecipato alle mobilitazioni in Val di Susa e a Messina: le battaglie NO TAV e NO PONTE rappresentano per noi un esempio vincente, da riprodurre ed estendere.

Per queste ragioni, crediamo sia giunto il momento, rompendo il tentativo di isolamento di ciascuna di queste nostre lotte, di creare forme stabili di collegamento e coordinamento di tutte le iniziative che si battono contro le Grandi Opere e la loro logica,
- per LA IMMEDIATA MORATORIA DI TUTTE LE GRANDI OPERE CONTESTATE,
- per IL BLOCCO DEI CANTIERI GIA' APERTI,
- per LA DISCUSSIONE E LA VERIFICA DI TUTTE LE ALTERNATIVE,
- per L'ABROGAZIONE DELLA "LEGGE OBIETTIVO" LUNARDI,
- per LA REVISIONE DEL PIANO NAZIONALE DELLE OPERE PUBBLICHE, DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI,
- perché le comunità locali possano tornare a decidere del proprio futuro.

Le assemblee permanenti, i comitati e le associazioni ambientaliste presenti all'Assemblea contro le Grandi Opere di sabato 11 febbraio allo IUAV di Venezia decidono perciò:
1. di partecipare al Forum a Torino e in Val di Susa dei prossimi 17, 18 e 19 febbraio in occasione delle Olimpiadi invernali come ulteriore momento di azione comune;
2. di costituire un sito web denominato www.nograndiopere.org come spazio pubblico di comunicazione, collegamento e coordinamento di tutte le iniziative;
3. di aderire alla mobilitazione che l'Assemblea NO MOSE organizzerà in occasione del voto del Consiglio comunale di Venezia sull'ordine del giorno a favore dei progetti alternativi alle dighe mobili alle bocche di porto.


Venezia, 11 febbraio 2006